Anno: 2015
Dimensioni : 35 x 25 cm
Tecnica: Inchiostro e fusaggine su carta Canson
N° pezzi: 20

La serie di disegni sul Gargantua et Pantagruel, opera letteraria cinquecentesca di François Rabelais, è un lavoro che indaga le possibilità delle immagini rispetto al testo. Il tentativo è stato quello di illustrare il mondo che l’autore racconta escludendo la componente narrativa, per evitare di cadere su un piano descrittivo e su un appiattimento dell’immagine sul testo.
Dunque i disegni realizzati non raccontano una storia, ma un ventaglio di storie possibili. Nel loro principalmente come visione: la deformazione, la pressione, la dilatazione, la disintegrazione, il fagocitare, l’essere inghiottiti.
Nel romanzo rabelaisiano il principio materiale e corporeo ha un carattere cosmico: è percepito come universale perché non riguarda l’uomo singolo ma tutto il popolo che cresce e si rinnova nella propria evoluzione. Da ciò deriva il carattere grandioso dell’elemento corporeo; le immagini relative alla vita del corpo diventano i simboli del continuo divenire: l’accoppiamento, la gravidanza, il parto, la crescita, la vecchiaia, lo smembramento del corpo. Il corpo grottesco è un corpo aperto che assorbe il mondo e che da esso viene assorbito. Per questa ragione la sua forma si esprime in tutte le sue aperture (bocca e orifizi) e in tutte le sue protuberanze (fallo, naso) che si pongono come veicoli privilegiati di uno scambio continuo.
Il tentativo di questo lavoro è anche quello di scardinare l’abituale maniera di comporre un’immagine per dissolvere l’ovvietà di un fare che si arena se ricerca un’equivalenza al mondo, in questo caso a quello narrativo rabelaisiano. Come precedentemente fatto sul “Bestiario”, il punto di partenza è stato uno slancio puramente istintivo di segni casuali sulla superficie, su cui si è poi intervenuti con un atto razionale organizzativo. Ciò ha garantito che si mantenesse una distanza dalla descrizione narrativa, in particolar modo considerando il fatto che nel Gargantua et Pantagruel il centro d’attenzione non è la storia ma il mondo che essa racconta, non le vicende, ma le atmosfere, non le azioni, ma i personaggi, e, di questi, non gli aspetti psicologici, che si chiudono in un emisfero individuale, ma i simboli che essi incarnano.
Simboli non localizzati, eternamente presenti nell’animo umano anche quando sembrano polverizzati dal tempo.